Sulla farsa dell’educazione affettiva e sessuale a scuola
Il cambio di destinazione del fondo da mezzo milione di euro, non più destinato all’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole italiane, è 𝗹’𝗲𝗻𝗻𝗲𝘀𝗶𝗺𝗮 𝗺𝗶𝗻𝗮𝗰𝗰𝗶𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗳𝗶𝗱𝘂𝗰𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝗴𝗶𝗼𝘃𝗮𝗻𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗶𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶.
𝗟𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗺𝗲𝘀𝘀𝗲 𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗮𝗻𝘁𝗲𝗻𝘂𝘁𝗲 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗺𝗲𝘁𝘁𝗼𝗻𝗼 𝗹’𝗶𝗱𝗲𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗶𝗺𝗽𝗲𝗴𝗻𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗮𝗻𝗼 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗳𝗮𝗰𝗶𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻𝗳𝗿𝗮𝗻𝘁𝗶, alimentando sfiducia nel futuro e generando esempi sbagliati che, con maggiore facilità, potranno essere assunti a modello.
𝗤𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝘁𝗿𝗮𝗱𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼, 𝗶𝗻𝗼𝗹𝘁𝗿𝗲, 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗶𝗯𝘂𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗮 𝗳𝗮𝗿 𝘀𝗲𝗻𝘁𝗶𝗿𝗲 𝗶 𝗴𝗶𝗼𝘃𝗮𝗻𝗶 𝗮𝗯𝗯𝗮𝗻𝗱𝗼𝗻𝗮𝘁𝗶 𝗲 𝗶𝗻𝗮𝘀𝗰𝗼𝗹𝘁𝗮𝘁𝗶, compromettendo la loro crescita personale e sociale.
Filosofi e pedagogisti hanno da tempo sottolineato l’importanza di coinvolgere attivamente i giovani nei processi educativi. Jean-Jacques Rousseau, oltre 250 anni fa, sosteneva la necessità di un’educazione che rispondesse ai bisogni naturali del giovane Emilio, promuovendo un apprendimento esperienziale e partecipativo. La stessa Montessori, tanto citata negli ultimi tempi, sosteneva l’importanza di ascoltare e rispettare i bambini, favorendo la loro responsabilità.
𝗡𝗲𝗹 𝟮𝟬𝟮𝟱, 𝗶𝗻𝘃𝗲𝗰𝗲, 𝘀𝗲𝗺𝗯𝗿𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗶 𝗰𝗲𝗿𝗰𝗵𝗶 𝗱𝗶 𝗯𝗼𝗶𝗰𝗼𝘁𝘁𝗮𝗿𝗲, 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗽𝗶ù 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲, 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮 𝗱𝗶 𝗮𝘂𝘁𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗮 𝗻𝗲𝗶 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗴𝗶𝗼𝘃𝗮𝗻𝗶, riducendo le possibilità di attivare corsi di educazione all’affettività e alla sessualità a partire dalla scuola primaria.
𝗜𝗴𝗻𝗼𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝗲𝘀𝗶𝗴𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗴𝗶𝗼𝘃𝗮𝗻𝗶, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹’𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲, 𝘀𝗶𝗴𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗶𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗹𝗼𝗿𝗼 𝘃𝗼𝗰𝗲 𝗲 𝗶 𝗹𝗼𝗿𝗼 𝗯𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗶. Questo atteggiamento genererà adulti disillusi, privi di fiducia nelle istituzioni e nelle promesse della società. 𝗗𝗼𝘃𝗿𝗲𝗺𝗺𝗼, 𝗶𝗻𝘃𝗲𝗰𝗲, 𝗮𝘀𝗰𝗼𝗹𝘁𝗮𝗿𝗹𝗶 𝗲 𝗰𝗼𝗶𝗻𝘃𝗼𝗹𝗴𝗲𝗿𝗹𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲, 𝗳𝗼𝗿𝗻𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗼𝗿𝗼 𝗴𝗹𝗶 𝘀𝘁𝗿𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗻𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗮𝗿𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗮𝗳𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝘀𝗳𝗶𝗱𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗮𝗽𝗲𝘃𝗼𝗹𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗼𝗻𝘀𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁à.
Altrimenti, non dovremmo sorprenderci quando, al compimento dei 18 anni, nostro/a fratello/sorella, i nostri figli o nipoti esprimeranno disillusione verso il processo democratico del “voto”, affermando che “tanto non cambia niente”. Questo disinteresse deve rappresentare per noi un campanello d’allarme, perché è già in atto e aumenta l’urgenza di rinnovare l’impegno educativo e istituzionale nei confronti delle nuove generazioni.
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