Contro l’apatia: la parola caustica di Elena Zuccaccia in “Sotto i denti”
Elena Zuccaccia, Sotto i denti, Pietre Vive Editore 2023
Ho tra le mani un librino grande quanto l’apertura della mia mano, quindi piccolo; a occhio e croce l’ottantina di pagine che lo compone svilupperà uno spessore di mezzo centimetro, siamo nella media dei libri di poesia. In copertina un’opera dal titolo inglese “Ancient and very dangerous ghosts” dell’artista Pierpaolo Miccolis; si tratta di un acquerello dai toni aciduli, malaticci che, per intuizione credo dell’editore, conferisce al titolo di questo volume - sufficiente da solo a definire i contorni di un’atmosfera pungente - connotati melanconici, intendo qui la sfumatura psicopatologica del termine, quindi quel morboso avvilimento che accompagna certi sguardi. Non fosse per il fiorellino che dal basso della copertina si staglia deciso col suo stelo ben marcato, direi che siamo di fronte a una poesia “triste”, d’altra parte lo stesso fiore non mostra chissà quale aspetto rigoglioso e infatti "Sotto i denti” di Elena Zuccaccia certamente non è un libro che si presta a ingenui innamoramenti per “provare a sentire” (confrontiamoci con i testi alle pagg. 11 e 13) la vita.
ho sognato che tu mi sognavi?
avevo un vestito
bianco e mi abbracciavi
— quest'idea che la vita non è vita
se tu non la vedi, se non te la dico
come se tu fossi un codice,
il linguaggio, e senza io fossi muta
Così procede il verso della Zuccaccia, realizzando una disincantata cartografia dell’esistere, dove l’amore diventa “trappola per topi”:
in fondo in fondo – è lì che giochiamo
tu lo sapevi, mi dici, che il
mio amore era un amo
un’insidia notturna
una trappola per topi
Per tale ragione un lettore stanco (chi non lo è un po’ in quest’epoca frenetica?) potrebbe inizialmente cadere in errore e pensare che si tratti di una poesia ricurva su sé stessa, che non si confronta con le questioni esistenziali, il senso ultimo del vivere, insomma. Invece lo fa, con un carattere sfrontato e caustico invita a cogliere “la Vera Vita”, direbbe Francois Jullien, attraverso ciò che più la nega, come in questa poesia, per fare un esempio:
il problema era la mancanza
di concentrazione
un'attenzione circoscritta
a dettagli di bizzarra rilevanza
mi nascondeva il totale
potevo fissare per ore il pelo
di un sopracciglio
e non notare l'uomo o la donna
al di sotto dell'occhio
leggere tutti i cartelli in autostrada
fissarmi sulla cantilena creata dai dossi
sulla ripetitività dei segnali di
passaggio e non accorgermi del paesaggio
si creava un quadro preciso agli angoli
sempre confuso nel totale
ad allontanarsi per guardarlo meglio
non si capiva niente
L’ammissione di non capire, di non avere poi chissà quale verità da consegnarci, l’onestà – bellissima questa della Zuccaccia – di raccontare, nominare, la vita e le “cose” del mondo per la maniera in cui ne ha fatto esperienza. Ecco come attraverso quel processo di nominazione, riprendendo la quarta dell’opera, l’autrice assimila e restituisce sintetizzato, quindi rinnovato, uno sguardo vivido e per questo – penso alla copertina del libro e alle diverse tavole dello stesso autore che accompagnano le sezioni del volume – anche per certi versi angoscioso, perché la Vera Vita certo non si realizza nei cliché che producono significato ricorrendo a contrapposizioni: felice/infelice; bello/brutto; duro/tenero per fare degli esempi al lettore.
[…]
lo sai i sinonimi non esistono
dimenticare allontana dalla mente
scordare allontana dal cuore
il problema è andare avanti
dimenticare senza scordare
documentificare
con la lingua, che vale più del sangue
se questa fosse carta stampata la mangerei
mi finirebbe sotto i denti oltre la lingua dove non si scordano le cose
Così, nonostante lo spessore di mezzo centimetro che collocherebbe “Sotto i denti” fra la media dei libri di poesia, la ricerca dell’autrice si spinge decisamente più in là, scontrandosi direttamente con il contrario della Vita, che non è la Morte (con cui Elena Zuccaccia sembra aver intrattenuto una corrispondenza straziante, tale da aver generato alcuni fra i testi letali e meravigliosi della terza e ultima sezione del libro) ma la Non Vita, l’apatia, l’inappetenza di chi non prova più nulla pur vivendo; o proprio perché vivendo nell’illusione di esercitare un qualche controllo sulle cose del mondo. Anche soltanto per quest’ultima ragione, ecco, bisognerebbe fare un incontro o meglio scontrarsi con le poesie di questo libro qui.
c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi
d'antico dicevi
io vivo altrove rispondevo
rubandoti le parole
per farti sentire la lontananza
ridevo della tua voce di bambino
dal centro dei nostri giorni
orizzontali ti immaginavo
in verticale verso la madre e
altre radici
niente di nuovo sotto il sole dico
oggi con meno poesia e
meno amore
*
inizia la grandine mentre vengo
da te e sento il tuo nome
doppio che mi chiama:
uno primordiale
di santa e di madre
l'altro che è quel che sei tu, anche
questo di madre, la mia
e da che non ti riguarda
essermi madre
puoi essermi parola
e mentre dici non spostiamo più
non muoviamo più con la parola
ti guardo fissa per dirti che io
per te mi muovo
come quando
vengo sotto la grandine
nella primitiva danza fino a te
parola femmina
madre non madre
santa,
sempre santa ti fa
la mia devozione
*
la morte è un problema
dei vivi
tu arrivi in sogno e mi dici
col cazzo
Nota comparsa per la prima volta su clanDestino