“La traccia delle vene” di Clery Celeste
E poi c’è stato il lunedì/ dopo la tua morte/ con lo spasmo continuo per lo sforzo/ di ricordare la tua voce/ il tuo vuoto sul banco e il menarca/ che compare al tuo funerale/ neanche fosse un’avvisaglia/ del dolore della vita.
Non occorre aggiungere altro riguardo l’opera prima di Clery Celeste ( La traccia delle vene, LietoColle 2014) , che non si possa leggere già in questa poesia, a Nicolò.
La vita è ricolma di avvisaglie di dolore, si fa fatica a ricordare i volti e le voci ?
Clery Celeste, poetessa e radiologa classe ‘91, ci mostra lo spasmo di chi la vita la prende sul serio, ci porta nelle stanze d’ospedale dove ‘’dormono tutti col cappio/appeso, è solo questione/di tempo’’ e riporta questa realtà in maniera lucida, cosciente ma senza una briciola di cinismo, lo dice proprio : […] il lavoro/ e il dramma è essere bravi ; però in un’altra poesia ecco si sbilancia e ammette : Sfrego ancora le gambe se ci penso/ e questo lutto mi appartiene fin in fondo/ al canale.
Non intende allarmare il lettore della presenza della morte nella vita o meglio, attraverso il suo zoom si focalizza di volta in volta sui dettagli minimi delle esperienze. L’obbiettivo è metterci tutti in guardia sul fatto che, invece, ci sia vita ovunque ( è vivere/ anche con la faccia gonfia/di molecole chimiche.) e poi continua in altri versi:
Non c’è nessuna colpa nella malattia/ lasciate perdere le statistiche/ nessuna sigaretta o bicchiere di birra/ da rimproverare,/ io li vedo quelli sani/ che arrivano con larghi sorrisi/ e alla prima scansione di TAC/ palle da golf nella pancia/ la libertà dei gesti/ e da professionale sanitaria / sono gentile, tolgo l’ago/ e ‘’arrivederci signore’’ / ma saperli di un mese.
La sua raccolta ci invita ad assumere ‘’l’opposta prospettiva’’,che lei stessa in altri versi afferma di aver sempre cercato per rapportarsi alla vita, e quando leggiamo :
Eppure i poeti architettano/ la sopravvivenza altrui/ morendo a poco a poco;
emerge il filo rosso della sua raccolta, sono aghi e vene ovunque ‘’nella continua routine della carne’’ , nel ‘’profondo delle cose fatte per abitudine’’ a portare avanti, in prima fila la domanda di Clery, una domanda valida per tutti:
Ci siamo abituati al contatto umano/ delle telefonate promozionali/ col numero anonimo/impresso nello schermo./ E l’intreccio primordiale, quello vero/ della simbiosi tra il fungo/ e l’alga, stretto come due/mani aggrappate al dirupo/ ce lo ricordiamo?
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Nota di lettura apparsa su clanDestino