"Le ore del terrore" di Simone Consorti (L'Arcolaio 2017) letto da Alessia Iuliano

Non sempre concordo con quello che penso

Non sempre la vita e la morte hanno un senso.


Quella frase per la lapide che tutti abbiamo pronta e riposa

in attesa del giorno, di quel giorno

quando potrà essere smentita e lasciata

nuova di zecca e mai usata.


Quella frase un po’ con tenerezza, un po’ con nostalgia

riconosciuta propria, per subirne meno la verità. Meno il tutto.

Se con tutto si intende il peso di una storia cui siamo legati e cui

dobbiamo l’io, il noi, il voi

per chi che non la fa propria.


Simone Consorti la fa propria. Anzi, si fa investire dalla storia e

più ancora dal suo decorso.

Non vi è più distinzione, piuttosto

una reale commistione tra il collettivo e il singolare.

Tra l’io poeta e Chernobyl,  o i campi di sterminio,

o tra l’intimo Tu all’io in piazza Tienanmen, da lì a Cristo.


L’evocazione dei fatti storici, ecco, è dissimulata.

Un’ironia, il lieve cinismo accompagnano

rivelazioni veritiere e quindi terribili,

come anticipa il titolo dell’intera raccolta

Le ore del terrore. Eppure è necessario un “ ma”

perché nonostante gli accadimenti

l’idea di come eravamo prima

nemmeno ci sfiora. Questo inciso è il perno

su cui si bilancia il libro, il nodo si scioglie,

concede di imparare dal passato e non restargli

inutilmente inchiodato, quando l’inconscio suggerisce all’io

non riesco a vedere Dio

che sia grande o punitivo. L’ilare vignetta

in un notturno  condizionale:

Jesuis  uno che si cambierebbe

il nome e la fede ogni giorno.


Una raccolta antropologica le cui radici poetiche

sono aggrappate alla storia, e dalla storia fanno exempla per i posteri,

qualora  ci sia posterità:

a animare ogni verso non è

l’idea di un colpevole, ma la verità di una colpa

sulle spalle di ciascuno, quindi in testa all’io.


Ma quando di notte mi scopro allo specchio

vorrei che con noi ci fosse un terzo

per proteggermi da me stesso.


Quello che da sempre ci spaventa e scoraggia,

il mostro che impedisce di essere noi.

Consorti, la bellezza di questo libro, non teme di dichiararlo.

Sa che questo atto in sé pone

le basi di una libertà che tramuta il disincanto

in evocazione al limite del visibile, e l’invisibile inviolato sé

è testimone alla staffetta della vita per evitare che del nostro paese

non resti semplicemente il nome.

Alessia Iuliano

Simone Consorti è nato nel 1973 a Roma, dove insegna in un Istituto Superiore. Ha pubblicato i romanzi L'uomo che scrive sull' acqua 'aiuto' (Baldini e Castoldi,1999, Premio Linus), Sterile come il tuo amore (Besa editrice, 2008),"In fuga dalla scuola e verso il mondo (Hacca, 2009), A tempo di sesso (Besa, 2011) e Da questa parte della morte (Besa, 2016). Ha raccolto le sue poesie in Perché ho smesso di scriverti versi (Aletti, 2010), Nell’antro del misantropo (L’arcolaio, 2014) e Le ore del terrore (L’arcolaio 2017).  Da alcuni anni si occupa di fotografia, ha realizzato diverse mostre personali e sta curando il progetto di street photography “C’era una volta in Europa”. Di recente pubblicazione il suo ebook di fotografia Finestra d’Italia, uscito per Larecherche.it. Dal 6 marzo la sua pièce Berlino kaputt mundi  sarà rappresentata al teatro Agorà di Roma.

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Nota comparsa per la prima volta sul blog ParolaPoesia

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